E’ stato un ricercatore americano, considerato tra i fondatori dell’etnomusicologia.
Nato a Austin in Texas nel 1915.
L’amore per la musica l’aveva appreso in famiglia: suo padre, il musicologo John A. Lomax era uno dei pionieri della ricerca sul folklore americano, tra i primi responsabili dell’archivio sonoro della Library of Congress di Washington.
Iniziato agli studi etnomusicologici dal padre John, appena diciottenne, intorno agli anni trenta – quelli della profonda depressione – prese a girovagare su e giù per il delta del Mississippi, con una macchina sgangherata e un magnetofono in spalla, e a ricercare testimonianze, registrandole, della cosiddetta musica “altra”, quella estromessa dalla nobile tradizione colta, quella mai rappresentata nei santuari del “bel canto” e dei grandi organici orchestrali. La musica popolare; questa andò a studiare Alan Lomax, dopo aver studiato ad Harvard, alla University of Texas ed alla Columbia University.
Con la sua ricerca rese celebri musicisti come Jelly Roll Morton – soprannominato l’inventore del jazz – ed il cantante e chitarrista blues Muddy Waters; conferì dignità – coadiuvato dal lavoro di Pete Seeger e Woody Goothrie – alle cosiddette canzoni di lotta e operaie statunitensi, pubblicando la raccolta di canti Hard Hitting Songs for Hard-Hit People (“Canzoni che colpiscono duro per gente duramente colpita”); elaborò, con un gruppo di studio della Columbia University il celebre “Sistema cantometrico”, un criterio di confronto e classificazione delle forme musicali folcloriche correlate alla loro funzione sociale.
Svolse la sua attività di ricercatore in tutto il mondo, raccogliendo testimonianze musicali e canti popolari in Gran Bretagna, Spagna, Irlanda, spingendosi fino ad Haiti, dove contribuì alle ricerche sull’organologia studiando flauti di osso e gusci di conchiglia usati come strumenti aerofoni.
In Italia, venne a studiare il folclore e la musica tradizionale assieme a Diego Carpitella ed Ernesto de Martino. Proprio nella musica folclorica della nostra penisola Lomax trovò – per usare un’espressione demartiniana – alcune fra le sue “memorie culturali più care”.
Il viaggio partì dal profondo sud, fra il vociare aspro delle zampogne e le grida ancestrali dei rituali della tonnara; fra i suoni di ciaramelle che stordivano e le varie forme di tarantella – ballarella, saltarella e tammorriata – che tanto lo avevano colpito; fra pianti di prefiche e donne che ballavano scalze, al ritmo di ragli d’asino intermittenti e chitarre battenti accompagnate da tammorre. Quindi proseguì spostandosi man mano verso nord, verso le forme musicali del settentrione passando per quelle dell’Italia centrale. In Piemonte e Friuli si dedicò allo studio dei canti del lavoro, dove si stordì alla dolcezza delle “corali” della vendemmia e scoprì l’eufonia luminosa di voci femminili sensuali come il vino di collina.
Un viaggio durato un anno, che lo stesso Lomax definì, come recita il titolo del libro, “L’anno più felice della mia vita.”
Bibliografia essenziale
* Mister Jelly Roll, New York 1950
* Folksong Style, in “American Anthropologist”, 61, pp. 927-54
* Folk Song Style and Culture, American Association for the Advancement of Sciences, pubblication n° 68, Washington, DC, 1968
* Cantometrics: A Method in Musical Anthropology, University of California press, Berkeley, 1976
* Index of World Song, New York 1977
Con il padre John A. Lomax:
* American Ballads and Folksongs, New York 1934
* Negro Folksongs as Sung by Leadbelly, New York 1936
In italiano:
* Un appello per l’equità culturale, in “Americamusica. 10° Musica dei popoli”, Firenze, 15 ottobre/12 novembre 1986, suppl. a “Metrò ebdò”, 21, pp. 2-3; 8
* La terra del blues. Delta del Mississippi, viaggio all’origine della musica nera, Il Saggiatore, Milano, 2005.
* L’anno più felice della mia vita. Un viaggio in Italia (1954-55), Il Saggiatore, Milano, 2008